Nel post dedicato al potere della nostra mente abbiamo condiviso la condizione di “funzionamento ordinario” della mente stessa, descrivendola come uno stato di “sonno”: se ci addentriamo per constatarlo, ci renderemo conto ben presto che ci toglie molta energia.
Noi siamo continuamente portati a pensare, analizzare, riflettere: il problema è che non ci frequentiamo e la vera causa della gran parte dei nostri disagi è proprio che manchiamo a noi stessi.
Liberiamoci dall’identificazione…
Tutte le mattine, quando ci svegliamo, ci guardiamo allo specchio, ci pettiniamo, ma quante volte ci accorgiamo di noi? Quante volte “ci siamo”?
E cosa intendo con “ci siamo”? Che non solo ci guardiamo, ci pettiniamo e facciamo tutte le tante altre azioni quotidiane, ma ci accorgiamo nel farle che hanno spessore e profondità.
La manifestazione concreta più chiara ed evidente dello stato di “sonno” è che siamo sempre identificati con “tutto e ogni cosa” dove per identificati si intende interamente assorbiti e incapaci di separarci da ciò che ci assorbe.
Identificati con ciò che pensiamo, diciamo, sappiamo, crediamo, desideriamo, con ciò che ci attrae o che respingiamo.
Totalmente assorbiti da ciò che ci circonda, siamo incapaci di definire e considerare in modo imparziale e oggettivo, perché non in grado di maturare quel distacco, che consente un vero contatto con la realtà.
Identificati equivale a essere “smarriti”, e questa non può che essere una condizione di costante malessere. Se l’uomo lavorasse per liberarsi dall’identificazione, e può farlo, si libererebbe da un’enormità di manifestazioni inutili e dannose che divorano tantissima energia.
Riconosciamo le trappole della nostra mente…
Se cominciamo ad impegnarci ad osservare quotidianamente in modo neutrale la nostra mente ci accorgeremo ben presto che siamo prevalentemente distratti: ad esempio fantastichiamo su tutto e tutti o immaginiamo di parlare con qualcun altro.
La mente è spesso turbata, e avvertiamo un rumore di fondo che non riusciamo a placare neanche quando dormiamo e che genera spesso “pensieri negativi”. Si tratta di pensieri ossessivi e circolari che oscillano tra lamento (“capitano tutte a me”, “nessuno mi capisce”, “non mi fido”, “tanto so già come va a finire”, “non riuscirò mai a risolvere questo problema”) e recriminazione (colpa di qualcuno o di qualcosa), o tra timori (ansie e preoccupazioni di ogni sorta) e speranze (qualcosa di “magico” dall’esterno che venga a risolvere i nostri problemi).
Pensare e ripensare è un funzionamento normale nell’essere umano. Quando però il pensiero diventa ripetitivo e ricorrente e abbiamo la sensazione di non riuscire a fermarlo ci troviamo di fronte ad un campanello d’allarme.
Il rimuginio è uno dei sintomi principali di un malessere complessivo, nel quale si spende molta energia a prevedere eventi negativi. Incastrati in questo stile di pensiero cerchiamo delle soluzioni. Rimuginare sulle cose ci dà l’illusione di avere il controllo della situazione, ma, al contrario, crea solo sofferenza e disagio.
E’ assolutamente necessario riconoscere le trappole della nostra mente, ossia quel vortice di pensieri che generano circoli viziosi incredibilmente dispersivi in termini di energia.
Malessere, tensione, disagio, sensi di colpa, tirannico senso del dovere sono stati di identificazione, frutto dei tanti condizionamenti sepolti nel subconscio: comprendere tutto ciò è di cruciale importanza per il nostro vero benessere.
Alleniamoci all’auto-osservazione…
Possiamo imparare a spostare il focus da fuori a dentro, attraverso un quotidiano esercizio di auto-osservazione.
Osservarci, allenarci nel farlo, di per sé modifica la dimensione del nostro quotidiano, perché ci consente di rompere gli schemi e quindi di non disperdere energia.
Osservarci non è controllare nè correggere: non devo falsare i dati ma solo raccoglierli, in modo che l’osservazione mi definisca, mi dica chi sono, come sono e come interpreto la vita.
Nessuno trova strano che per imparare qualsiasi cosa si frequentino dei corsi, o che per avere un corpo snello e tonico ci si impegni in attività fisiche con ritmo costante. Per quale motivo il nostro stato interiore o la nostra mente dovrebbero sfuggire a questa logica, ed essere in grado di trasformarsi solo perché lo si desidera?
Serve un quotidiano auto-allenamento, un lavoro che generi presenza. Non tanto per attivarla in qualche sporadico momento, quanto per prolungarla e per sostenerla.
L’obiettivo è quello di divenire gradatamente più liberi interiormente e più padroni di noi stessi.
Oltre alla filosofia orientale, anche i più autorevoli approcci occidentali che si occupano di benessere e serenità affermano che attraverso la meditazione e il quotidiano allenamento all’auto-osservazione si impara a vivere il momento presente con consapevolezza, innescando un circolo virtuoso che gradualmente cambia noi stessi e la nostra vita in meglio.
Grazie per l’attenzione
Emanuela